Sono uscita sul terrazzo per prendere un sacchetto.
Stavo preparando la valigia, tra poche ore ho il treno.
Ho aperto la finestra senza pensare, o meglio, pensando alle milioni di cose a cui penso di notte, nei tormenti dell'insonnia.
Mi aspettavo il vento, probabilmente, i rumori delle auto, il sottofondo della città.
Mi sono dimenticata cosa dovevo fare.
Mi sono appoggiata alla ringhiera nera del terrazzo, dimenticando il freddo, che sembrava anch'esso zitto.
Poche volte ho avuto un regalo così prezioso, dalla notte.
Il silenzio, totale e assoluto, del sonno degli altri.
Non c'era un singolo rumore.
C'era la luna, forse piena, e qualche stella tremolante.
Non c'erano auto, nemmeno nella strada lontana dal cavalcavia.
L'unico impercettibile ma distinguibile rumore era quello di una foglia che vaga sul marciapiede rosa, qualche metro più in sotto.
Sono rimasta alla ringhiera per qualche minuto: avevo paura a muovermi, qualunque movimento sarebbe risuonato come una vibrazione sconnessa con il paesaggio addormentato.
Siamo i giunchi pensanti di Pascal,
siamo le foglie di Ungaretti
siamo il colpo mancato della pistola di Van Gogh
Siamo Leopardi, che aveva sentito l'infinito.
Ho trovato tutta la nostra miseria in un pezzo di buio muto.
Ho avuto la sensazione del mondo
morto.
Sul balcone di un misero palazzo, in una città invisibile, in un puntino nell'universo, ho naufragato anch'io dolcemente
in un mare immenso di silenzio.
di: Cydia.